Pillole di Logopedia: la balbuzie, questa sconosciuta
L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce la balbuzie come “un disordine del ritmo della parola nel quale il paziente sa con precisione quello che vorrebbe dire, ma nello stesso tempo non è in grado di dirlo a causa di arresti, ripetizioni e/o prolungamenti di un suono che hanno carattere di involontarietà”.
Nella maggior parte dei casi questa problematica insorge nella fascia di età tra i 18 e i 42 mesi di età e il rapporto tra maschi e femmine è di circa 4:1.
Anche se le cause non sono certe, si pensa che l’insorgenza del disturbo sia legata a fattori fisiologici predisponenti associati a fattori di tipo psico-sociale.
A differenza di quello che si può pensare normalmente, esistono diversi tipi di balbuzie: si va dalla balbuzie tonica, ad esempio, caratterizzata da prolungamenti di un suono, a quella clonica, caratterizzata al contrario da tante ripetizioni di sillabe o intere parole. Essa può variare inoltre a seconda della tipologia di suoni dove avvengono più spesso i balbettamenti. Nei casi più gravi, oltre a queste difficoltà si possono associare sintomatologie fisiche secondarie come “tic” o smorfie facciali che il bambino produce durante un inceppamento. Essa può avere importanti ricadute a livello socio-relazionale, in quanto può condizionare fortemente la volontà comunicativa del bambino.
Sebbene in diversi casi la balbuzie sia definibile come “fisiologica” o “transitoria” con risolvimento spontaneo, è utile individuare e valutare precocemente il disturbo per identificarne il livello di gravità e capire come aiutare il più possibile il paziente.