Love addiction – La dipendenza affettiva
L’innamoramento e l’esperienza di un legame romantico di coppia è una delle più belle esperienze riservate all’essere umano. L’amore sano, che tocca le corde più implicite e profonde di ognuno di noi, all’interno della coppia si esplica come una co-costruzione nella quale i due partner trovano piena soddisfazione dei loro bisogni emotivi ed obiettivi in un percorso di crescita ed evoluzione comune. Ma cosa accade quando l’amore smette di essere sano e diventa dipendenza dall’altro? Cosa succede quando l’amore si nutre dell’altro e non nutre l’altro?
Quando l’amore si trasforma in un’ossessione che domina la mente e rende infelice, quando si ha la ferrea e intrinseca convinzione che la propria felicità dipenda esclusivamente dall’altro, allora si può parlare di dipendenza affettiva o love addiction. La dipendenza affettiva, benché non venga contemplata come diagnosi vera e propria dal DSM-5, fa parte del più ampio insieme delle cosiddette new addiction, ovvero le sempre più emergenti dipendenze comportamentali (per esempio da gioco d’azzardo, da internet, da shopping, ecc) che hanno caratteristiche e dinamiche simili alla tossicodipendenza, benché non siano legate all’utilizzo di sostanze stupefacenti. Tali dipendenze comportamentali, infatti, hanno un effetto del tutto simile ad alcuni tipi di droga (tra cui la cocaina) in termini di attivazione cerebrale e rilascio neurotrasmettitoriale; trovarsi in una relazione, infatti, stimola le aree limbiche legate alla ricompensa, portando ad un incremento del rilascio (o una diminuzione del riassorbimento) di dopamina. Nelle dipendenze comportamentali è come se il cervello venisse “addestrato” a rilasciare dopamina in corrispondenza a particolari comportamenti oggetto della dipendenza.
L’amore che si trasforma in ossessione è la commistione tra la propria storia, il proprio vissuto, i propri bisogni e desideri e la relazione attuale, la risonanza che si ha con il proprio partner. Come tantissime altre patologie, la dipendenza affettiva trova le sue radici all’interno delle relazioni significative passate, nel rapporto con chi si è preso cura di noi. Coloro che in età adulta diventano affettivamente dipendenti hanno probabilmente vissuto in un contesto famigliare di freddezza e distacco, all’interno del quale hanno ricevuto implicitamente il messaggio di non essere degni d’amore o che il loro bisogni non siano importanti.
La dipendenza affettiva è, primariamente, una condizione fortemente dolorosa per chi la vive. Nella vita quotidiana essa si esplica tramite la messa in atto di alcuni comportamenti disfunzionali, finalizzati al mantenimento della relazione, quali: prevalente attenzione alle emozioni dell’altro rispetto alle proprie, delega della propria autostima all’accettazione altrui, incapacità di manifestare la propria attenzione per paura di essere rifiutati, paura ingiustificata di essere abbandonati, tendenza al controllo (comportamentale, emotivo, relazionale, comunicativo) e disinteresse rispetto a tutto ciò che la messa in atto di tali azioni comporta. Il dipendente affettivo entra, in questo modo, in un meccanismo vizioso del tutto simile a quello di un tossicodipendente con la propria sostanza stupefacente, per cui sacrifica la propria esistenza e desertifica il proprio mondo relazionale in funzione del legame con il partner, alimentando ulteriormente l’attenzione totalizzante verso di lui. Tali comportamenti di fusionalità e dipendenza hanno come fine ultimo quello di evitare il peggior esito relazionale possibile secondo un dipendente affettivo: l’abbandono. La paura dell’abbandono, infatti, induce la persona con dipendenza affettiva ad aver bisogno di continue rassicurazioni, che mette in atto controllando l’altro con comportamenti di estrema sacrificalità e accudimento e vivendo costantemente con l’ansia di poterlo perdere.
È possibile notare, inoltre, come il dipendente affettivo costruisca relazioni di non-mutualità, nelle quali solo i bisogni dell’altro risultano centrali, proprio con partner egocentrici, anaffettivi, problematici ed evitanti che altro non fanno che confermare la credenza intrinseca al dipendente di non essere degno di amore e di attenzione.
Per superare la dipendenza affettiva, la psicoterapia è un’utilissima alleata. Il primo passo è riconoscere la dipendenza, il proprio funzionamento e i propri schemi, nonché capire quali sono i bisogni sottostanti e che significato ha la dipendenza affettiva all’interno della propria vita, esplicitandolo a se stessi. Il secondo passo, successivo al riconoscimento, è quello di riuscire a mettere davanti se stessi e provare a soddisfare i propri bisogni in maniera autonoma. Il terzo passo, infine, è quello di attraversare il dolore, stare dentro la fatica e muoversi attraversandola, in modo tale da trasformare la propria realtà in una nuova realtà.
Contributo del dott. Pievani Luca, psicologo e psicoterapeuta