Tempi in casa, tempi per giocare?… Perché no?
In questi mesi in cui spesso si è costretti a trascorrere lunghe ore a casa, non potendo vedere nuove persone, potremmo andare incontro a sentimenti di tristezza, noia, di poca speranza per il futuro e un generale abbassamento dell’umore.
Motivi e cause di tutto ciò non sono gli argomenti di questo breve articolo, qui vorrei invitare a riflettere sulla possibilità di fare “un salto un po’ nel buio”…dandosi del tempo per non comprendere ciò che ci accade attorno, dandosi un tempo in cui non si deve rincorrere l’ultimo aggiornamento di notizie sul numero dei contagi, o sulla ricerca di senso a tutto ciò che sta accadendo, ma accettando la situazione e, per qualche ora al giorno, dedicarsi a noi stessi e alle risorse che possiamo mettere in campo, per il nostro benessere emotivo nel qui ed ora.
Una di queste risorse può essere rappresentata dal gioco, che secondo Huizinga in Homo Ludens del ‘38, è un’attività che si manifesta prima della cultura, tanto che gli stessi animali giocano, e chi ha dei cani lo può osservare quotidianamente.
Il gioco può essere visto come un precursore di tutto ciò che può essere messo in campo nelle relazioni con gli altri: con gli amici, i colleghi di lavoro, i partner, i clienti, i figli e chiunque voi conosciate. Col gioco ci si può permettere di sperimentare differenti modalità d’essere, possiamo essere differenti, più o meno formali, più o meno aggressivi, più o meno seri e maggiormente disidentificati con le proprie emozioni, pur provandole pienamente.
Per avere delle idee di che giochi provare, anche nuovi, e non solo i classici che maggiormente svolgiamo, possiamo farci aiutare dalla classificazione che R. Caillois (“I giochi e gli uomini”) fece nel 1958. Secondo questo autore nei diversi giochi confluiscono caratteristiche che possono rispondere in maniera differente a diversi bisogni dell’uomo. Ogni gioco può avere una o più di queste caratteristiche con gradienti differenti e un bell’esercizio potrebbe essere pensare di dedicare del tempo in famiglia, o con i congiunti, a provare “nuovi giochi” che magari possiedono caratteristiche che per motivi differenti siamo soliti sperimentare meno.
– Giochi di Agon: sono tutti i giochi di competizione, per sperimentare fiducia nelle proprie capacità, come intelligenza o tenacia, spirito di sacrificio, generosità, autostima ed anche la valutazione delle proprie responsabilità.
– Giochi di Mimicry: si basano sulla componente fantastica e immaginativa e sul desiderio ad esempio di rappresentarsi in una realtà alternativa a quella ordinaria; giochi di ruolo, mascheramenti, recite o rappresentazioni teatrali partono sempre da qualcuno che si è chiesto “E se fossi/e…?”
– Giochi di Ilinx: giochi dove si ricerca il senso di vertigine, brivido; giochi in cui si sperimenta la sensazione del panico, quindi anche dello spavento o dell’avvicinarsi a qualcosa di pericoloso.
– Giochi di Alea: sono tutti quei giochi in cui il risultato finale dipende totalmente dalla sorte. Questi giochi assumono il significato di sfida dell’uomo contro il proprio destino, con l’illusione magica di controllarlo, cosicché nella scommessa il giocatore fantastica di essere più forte del caso e quindi della realtà stessa.
Sperimentare tali vissuti, in un ambiente di relazioni sicure, con regole e confini di tempo e spazio definiti e concordati, ci accresce d’ esperienze da poter “rigiocare”- appunto- anche quando meno ce lo aspetteremmo.
Ovviamente nella ricerca del gioco o nella sua invenzione ricordiamoci anche che un gioco, come Caillois sostiene, è un’attività libera e volontaria, delimitata nel tempo e nello spazio, incerta nel suo esito, organizzata attraverso regole, fittizia (cioè accompagnata ad un senso di non appartenenza totale al campo della realtà) ed improduttiva (cioè che non determina né beni, né prodotti”).