Adolescenti: da ribelli a ritirati sociali
L’adolescente ritirato sociale sembra ai giorni nostri aver sostituito in parte l’idea dell’adolescente ribelle, anticonformista e oppositivo che caratterizzava l’adolescenza fino a qualche tempo fa. Quello che accade è che, a seguito di un avvenimento precipitante, si manifestano, in maniera più o meno progressiva, sintomi che impediscono al ragazzo/a di andare a scuola. Questi ragazzi hanno in comune la sofferenza in seguito ad episodi mortificanti in relazione ai coetanei, lo sguardo di ritorno dei compagni di classe non risulta più sostenibile, scatenando ansie, fragilità e senso di inadeguatezza che magari fino ad allora erano silenti. Spesso, nella quasi totalità dei casi, sono ragazzi molto intelligenti, senza deficit cognitivi e bravi studenti, che tuttavia con il crollo degli ideali infantili entrano in crisi nel passaggio dell’adolescenza, soffrendo in un corpo percepito come impresentabile ed essendo pervasi dal sentimento della vergogna difronte alla spavalderia di altri coetanei. Da questi sentimenti di profonda inadeguatezza possono manifestarsi anche sintomi fisici che impediscono al ragazzo/a di andare a scuola, e così per sopravvivere l’adolescente ritirato sociale si rifugia in internet. La realtà virtuale gli consente di mantenere distanze relazionali tollerabili con gli altri e limitare il sentimento di solitudine e di angoscia provata. Di frequente succede che l’adolescente riesce a mantenere un contatto con la realtà attraverso chat e giochi di ruolo in cui può creare un suo avatar con delle caratteristiche ben precise come la potenza, la forza talvolta distruttiva o l’agilità nei movimenti, allontanandosi così dalla presa di contatto con i propri limiti, non ancora psichicamente accettabili e integrabili. La manifestazione di sé in una realtà virtuale senza un contatto corporeo con gli altri è importante, perché qui loro riescono ad esprimere in qualche modo la rabbia e i vissuti sprezzanti e vendicativi che provano, trovando nel virtuale nuove opportunità di espressione. Se così non fosse il rischio è che si trasformino in angosce profonde che possono minacciare la salute mentale dell’adolescente.
Possiamo dire che il giovane ritirato sociale segnala così un dolore generazionale utilizzando gli strumenti della società odierna come internet: non è quindi internet a risucchiare l’adolescente in casa, a distoglierlo dalla vita sociale e a rinunciare alla scuola. Il passaggio della crisi avviene prima di internet, e la rete è solo un mezzo per sentirsi meno soli, è il crollo dell’ideale infantile, la difficoltà a riconoscersi in un corpo in cambiamento, la percezione dell’insuccesso sociale ad avviare il progressivo processo di ritiro da scuola e dallo spazio aperto. La vergogna è il sentimento predominante, pervasivo che spinge i giovani a nascondersi, a sentirsi brutti e rifiutati dagli altri, c’è l’incapacità di cogliere nuovi ideali per la costruzione di un nuovo sé diverso da quello infantile. Per sviare a ciò i ritirati sociali hanno scelto la via dell’autoreclusione volontaria, proprio nel momento in cui ci si aspetta da loro una “rinascita” sociale. Uno sguardo più approfondito ci permette anche di dire che il ritiro sociale è la nuova forma di “ribellione” adolescenziale che non si basa più sul conflitto con il mondo adulto ma la contestazione si manifesta attraverso la delusione dei genitori. Il ritiro sociale è anche letto come protesta e di sofferenza che segnala l’impossibilità di stare con gli altri nella società intrisa di competizione e della ricerca del successo personale a tutti i costi.
In quest’ottica il lavoro psicologico con questi adolescenti utilizza il linguaggio di internet, inteso come linguaggio psichicamente accettabile per il ragazzo che accede alla consultazione. Il lavoro terapeutico con loro prevede di costruire una relazione empatica partendo dal loro mondo, che vivono e che si sono costruiti in rete, perché tramite il loro linguaggio hanno molto da dire anche se ritirati dalla socialità. Il lavoro dello psicologo sarà flessibile nel setting e negli orari comprendendo anche colloqui iniziali a domicilio. Nel lavoro clinico con l’adolescente è importante sostenere un percorso che lo porti ad incontrare in carne ed ossa o anche solo nella propria mente, i protagonisti dell’avvenimento precipitante in modo da ridimensionarne la portata. Il lavoro con loro sarà inoltre di coinvolgere il contesto in cui vivono, dai genitori alle persone significative, come insegnanti o allenatori ad esempio. In questo quadro generale forse nel momento in cui il futuro dei giovani entra in crisi, tocca a noi adulti essere creativi per riavvicinarci a loro ed aiutarli.
Questo breve trattato sull’argomento del ritiro sociale vuole essere uno stimolo per avvicinarci al mondo dei nostri giovani con uno sguardo non giudicante, ma integrato rispetto ai numerosi cambiamenti che stanno vivendo e “subendo”, il consiglio per approfondire è la lettura di “Abbiamo bisogno di genitori autorevoli” di Matteo Lancini.